
City è un assalto frontale senza compromessi, un’esplosione controllata di furia e genialità che mette in fila l’intera scena industrial e metal estrema degli anni ‘90. Devin Townsend, qui in stato di grazia creativa e distruttiva, confeziona un disco che sembra voler far collassare tutto: muri di chitarre compressi fino all’isteria, batteria programmata e umana che si fondono in un battito apocalittico, synth dissonanti che sembrano provenire da una centrale nucleare prossima al meltdown.
Tecnicamente il lavoro è mostruoso: riff chirurgici, cambi di tempo schizofrenici, layering maniacale. Ma ciò che rende City qualcosa di superiore è il suo equilibrio perfetto tra caos e melodia, tra l’ironia feroce e l’angoscia esistenziale. È un disco che riesce a essere al tempo stesso brutale, grottesco, catchy e devastante, senza mai risultare gratuito.
Un manifesto di alienazione urbana, rabbia post-industriale e disfacimento mentale, messo in scena con una lucidità spaventosa. Da ascoltare al massimo volume, senza tregua. Capolavoro imprescindibile per chi cerca l’estremo che sa anche essere intelligente e sfaccettato.
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